Sostenibilità, Ambrogi: “obiettivo imprescindibile delle imprese energetiche”

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La base di ogni crescita sostenibile è rappresentata da una gestione responsabile e orientata ai valori. Per questo motivo, il concetto di “sostenibilità” è multidimensionale e prioritario in diversi ambiti di azione. Dall’impatto ambientale del ciclo produttivo, alla valutazione dei rischi con l’elaborazione di piani di resilienza e politiche lungimiranti con obiettivi specifici: lo sviluppo sostenibile necessita di un lavoro corale e sinergico di politica, innovazione, studio e cultura aziendale. Qual è la situazione attuale e quali saranno le sfide future per il comparto energetico? Lo abbiamo chiesto a Romano Ambrogi, Responsabile Strategia e Comunicazione presso RSE – Ricerca sul Sistema Energetico, centro di ricerca sull’energia del gruppo GSE.

La sostenibilità è un tema centrale per la salvaguardia del nostro pianeta, ma anche un valore di riferimento fondamentale per la green economy italiana. Qual è, invece, il valore della sostenibilità per un’azienda e quali sono i vantaggi che derivano dalla sua implementazione?

Il paradigma ESG (Environment, Social, Governance) è entrato a far parte della cultura aziendale e traduce una tendenza a considerare il bene pubblico come una componente essenziale del motivo stesso di esistenza delle imprese. La sostenibilità è quindi un obiettivo imprescindibile delle attività delle imprese energetiche. Un recente rapporto di Capgemini riporta i risultati di una inchiesta internazionale che indica un incremento di revenue e di rating ESG per più del 60% delle compagnie intervistate, un incremento del valore del brand e del progresso in direzione degli SDG (Sustainable Development Goals) per circa il 60% delle imprese, oltre a una riduzione dei costi operativi, incremento nel livello di motivazione dei dipendenti e crescita del grado di attrattività dei talenti (per circa il 30%). La stessa inchiesta ravvisa poi un atteggiamento ancora troppo cauto delle utility e delle energy company nell’impegnarsi su obiettivi concreti.

Nel 2007, la Commissione Europea ha deliberato un Piano strategico per lo sviluppo e la diffusione di tecnologie a bassa intensità di carbonio, vale a dire le cosiddette energie prodotte da fonti rinnovabili. Un “Set Plan” con misure in materia di pianificazione, attuazione, risorse e cooperazione internazionale in relazione alle tecnologie energetiche. Premessa del Piano è l’essenzialità delle nuove tecnologie per arrivare a soddisfare gli obiettivi europei per il 2020 (e quindi quelli per il 2050) in tema di lotta al cambiamento climatico. A che punto siamo in Italia?

L’azione comunitaria sull’energia è costante da molti anni, ottenendo di orientare una decisa transizione verso l’utilizzo di energia decarbonizzata. Già all’inizio del 2020, il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) presentato dall’Italia era stato accolto con favore come uno dei più completi in Europa e la sua validità è stata confermata dalla conclusione dell’iter a fine anno. Lo stesso schema di lavoro è stato impiegato per l’elaborazione della Long Term Strategy, con obiettivo 2050, che dovrà fare i conti con la crisi indotta dalla pandemia. Il ruolo della ricerca scientifica a supporto dell’azione legislativa e amministrativa è fondamentale: il team che ha lavorato con il Ministero dello sviluppo economico, e più recentemente anche con il Ministero dell’Ambiente, con l’adozione di modelli e basi di dati per l’elaborazione di scenari rigorosi e ripetibili, ha posto basi solide e condivise per basare decisioni coerenti con gli obiettivi comunitari.

La transizione energetica è uno dei pilastri del Green New Deal, il piano di investimenti elaborato per trasformare in chiave sostenibile l’economia europea guardando all’ambiente, alla decarbonizzazione, alla crescita, all’occupazione per arrivare a un’Europa carbon neutral entro il 2050. Che tipo di scenario di sviluppo prevede per il comparto energetico in ottica di sostenibilità e quale sarà il ruolo dell’innovazione tecnologica nei prossimi anni?

La strada verso il 2050 va preparata con una conoscenza rigorosa e approfondita degli scenari, che consenta di prendere in modo informato le decisioni sulla base di proiezioni che rispondono alla logica what if. In questo quadro, una precisa conoscenza delle tecnologie clean e dei loro costi, combinata con l’attenta stima delle grandezze economiche di base, è fondamentale per proiettare in un’ottica di lungo periodo le aspettative che l’insieme delle politiche e degli interventi propone. Questo è molto importante per evitare di impegnarsi acriticamente su strade di esclusività tecnologica: queste ultime sono promosse da evidenti (quanto legittime) pressioni di specifici settori sociali e industriali, per cui si impone una sintesi. Un’analisi attenta e realistica dell’innovazione di apparati e sistemi va sicuramente sostenuta anche dall’intervento pubblico a sostegno della ricerca energetica. A sua volta, quest’ultima deve interagire con le istituzioni e l’industria.

La società Rse svolge attività di ricerca nel settore elettro-energetico, su domini di interesse pubblico, che riguardano ambiti strategici per il sistema nazionale e le sue attività riguardano l´intera filiera elettro-energetica, in un’ottica essenzialmente applicativa e sperimentale. Quanto influisce l’attività di ricerca – e in che misura – nell’elaborazione di modelli aziendali sostenibili?

La collaborazione con le utility è una fonte imprescindibile di ispirazione e di orientamento per le attività di ricerca di RSE, nell’ambito del Fondo per la ricerca sul sistema elettrico italiano svolta con l’Accordo di Programma MiSE. Numerosi progetti di ricerca di RSE affrontano problematiche che veniamo a conoscere grazie al dialogo con i tecnici delle utility. Queste cercano di adeguare il proprio modello di business alle esigenze di sostenibilità: questo avviene non solo nelle attività che hanno a che fare direttamente con l’impatto ambientale, ma più generalmente nel settore delle smart grid. Le principali utilities italiane, infatti, hanno messo al primo posto nella evoluzione dei propri asset proprio lo sviluppo delle reti intelligenti, per rendere il sistema italiano di trasmissione e distribuzione di energia elettrica sempre più adeguato alla quota crescente di produzione da fonti rinnovabili. E i risultati delle ricerche sono ampiamente utilizzati per integrare la gestione delle smart grid nella pratica quotidiana della distribuzione elettrica.

Cambiamento climatico e modelli di business: quali sono le responsabilità a cui il settore energetico è chiamato a rispondere?

L’aumentata frequenza di fenomeni climatici estremi, favorita dal riscaldamento globale, è già purtroppo avvertibile anche sul nostro territorio, con prospettive di aggravamento nei prossimi decenni. La responsabilità delle imprese è quella di attrezzarsi per prevedere e mitigare i rischi, predisponendo – come richiesto anche da ARERA – appositi piani di resilienza. RSE, iniziando a lavorare con il gestore della rete nazionale di trasmissione – in particolare per i disservizi causati da accumulo di manicotti di neve bagnata sulle linee – ha elaborato un consistente apparato conoscitivo, che va dalla disponibilità di dati meteo storici assai accurati, alla produzione di scenari climatici calati sulla realtà del nostro territorio, fino a modelli per la valutazione del danno alle linee e agli impianti: tutto coerentemente attivato in un sistema modellistico di valutazione del rischio per il sistema, che comprende anche gli eventi a cascata principali cause di black-out. Molte utility hanno sentito la responsabilità di conoscere e, per quanto possibile, utilizzare tale apparato per i propri piani di resilienza. In questa direzione si muove anche l’azione che RSE sta compiendo insieme a Confindustria – Direzione Generale delle Politiche Industriali – a proposito dell’efficienza energetica: molte delle associazioni aderenti e l’Ufficio Studi hanno compiuto una profonda riflessione sulla necessità di percorrere, nel nostro Paese, una strada che permetta di raggiungere traguardi indispensabili di risparmio nell’uso di energia. A partire da questa esperienza di successo, sta per essere lanciata una nuova iniziativa di grande rilevanza, ancora una volta da parte di Confindustria con RSE come partner. Si tratta di una ricognizione delle filiere industriali italiane da attivare per rispondere alle sfide poste dal New Green Deal e dal Next Generation Plan, con l’obiettivo di trattenere una quota del valore prodotto dagli investimenti in clean energy entro un circolo virtuoso costituito dalle nostre imprese.

Che cosa può fare nel quotidiano un’azienda, oggi, per combattere il cambiamento climatico attraverso alcune semplici buone pratiche? Quali sono le competenze e le risorse di cui dovrebbe disporre per attuare un’efficace strategia?

Credo che la consapevolezza dei lavoratori, a tutti i livelli, a partire dal top management, che esprime il purpose dell’azienda come fortemente aderente ai principi di sostenibilità, sia il principale motore di tutte le prassi aziendali: da quelle più semplici, come la gestione degli spazi di lavoro, a quelle più impegnative, come l’adesione a modalità di prestazioni in linea con la strategia ambientale e sociale. Formazione e momenti pubblici di confronto con la popolazione sono strumenti importanti per far penetrare nella coscienza di ciascuno il valore di un impegno personale e comunitario.

Come immagina – e auspica che siano – le strategie aziendali del futuro in ottica di sostenibilità? Quale crede possa essere il feedback del nostro paese in merito?

L’innovazione si sviluppa insieme alle aziende industriali, e in particolar modo alle utility nel nostro settore. L’auspicio è che, sempre più e sempre meglio, possa svilupparsi la capacità di incorporare innovazione orientata alla sostenibilità, con un fruttuoso dialogo tra imprese e centri di ricerca.

“Dialogo operativo e fattivo, capace di interrogarsi sugli obiettivi e sui risultati ottenuti. In questo campo l’Italia non è seconda a nessuno: possiamo assumere un ruolo di primo piano a dimostrazione che l’Europa sta facendo sul serio e che le soluzioni proposte in Italia, rigorose ed avanzate, sono effettivamente utili a vincere una sfida di natura globale.”

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