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Ocse, neanche il 10% della plastica riciclato: quali sono le responsabilità delle aziende?

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01Inquinamento della plastica: cosa ne pensa l’opinione pubblica? 02Politiche aziendali insufficienti

L’OCSE ha lanciato un grido d’allarme: meno del 10% di plastica prodotta nel mondo viene riciclata. Ecco perché l’organismo internazionale per la cooperazione e lo sviluppo invoca una risposta mondiale e coordinata per fronteggiare un problema che riguarda tutto il mondo. In attesa di un auspicato trattato internazionale contro l’inquinamento dalle plastiche, l’Ocse ha presentato un rapporto intitolato “OECD Global Plastics Outlook (Prospettive globali sulla Plastica)” nel quale documenta che su 460 milioni di tonnellate di plastica prodotte nel 2019 in tutto il mondo, la produzione di rifiuti è arrivata a quota 353 milioni di tonnellate. Il dato più preoccupante diffuso dalla ricerca è che quindi “solo il 9% dei rifiuti di plastica sono stati riciclati, mentre per il 19% sono stati inceneriti e circa il 50% è finito in discariche controllate. Il restante 22% è stato abbandonato in discariche selvagge, bruciato a cielo aperto o gettato nell’ambiente”.

Nel dettaglio, gli analisti dell’OCSE hanno calcolato che la quantità di rifiuti di plastica prodotta da ogni abitante del globo varia dai 221 kg negli Stati Uniti ai 114 kg nei paesi europei dell’OCSE, scendendo ai 69 kg, in media, per Giappone e Corea.
In parte, questi rifiuti finiscono nell’ambiente in forma di macro o micro plastiche, cioè quelle con un diametro inferiore a 5 mm: secondo lo studio, nel 2019 i rifiuti dispersi ammonterebbero a 22 milioni di tonnellate, per il 12% in forma di microplastiche (soprattutto fibre e polvere di pneumatico). I paesi più industrializzati, appartenenti all’OCSE, sono colpevoli del 14% della dispersione globale della plastica , dell’11% di tutte le macroplastiche e del 35% delle microplastiche. Un disastro ambientale che si riversa anche nelle acque: la quantità di plastica accumulata nei fiumi è pari a 109 milioni di tonnellate e a 30 milioni  negli oceani. Solo nel 2019, 6,1 milioni di tonnellate di rifiuti plastici sarebbero finiti in fiumi, laghi e oceani.

Se nel 2020, la crisi economica provocata dal Covid-19 ha determinato una diminuzione del 2,2% del consumo di plastiche rispetto all’anno precedente, si è però verificato un incremento della produzione di rifiuti: si tratta degli imballaggi monouso e dispositivi medicali per la protezione individuale, come le mascherine. Ma già l’anno scorso, con la ripresa dell’attività produttiva, anche il consumo di plastica è tornato a crescere.

01Inquinamento della plastica: cosa ne pensa l’opinione pubblica?

La buona notizia è che l’opinione pubblica è molto sensibile sul tema del riciclo della plastica, come conferma il primo sondaggio globale promosso da Wwf e Plastic free foundation (Pff): nove persone su 10 sono a favore di un trattato globale legalmente vincolante contro l’inquinamento da plastica. E la salvaguardia del nostro pianeta non sembra interessare solo i più giovani come dimostra l’indagine svolta a fine 2021 in 28 Paesi: infatti, su oltre 20mila cittadini fra i 17 e i 74 anni, circa il 90% delle persone intervistate ritiene che avere un Trattato globale – con regolamenti che affrontino l’intero ciclo di vita della plastica – sia importante per affrontare efficacemente la crisi dell’inquinamento; inoltre, l’85% desidera che produttori e rivenditori siano ritenuti responsabili del fine vita degli imballaggi in plastica. Nella classifica dei paesi maggiormente impegnati nel riciclo della plastica l’Italia è al sesto posto con una percentuale del 94% degli intervistati a favore del trattato, dopo Messico (96%), Cina (95%) e Perù (95%). L’Italia finora si è data molto da fare su fronte plastic-free: è tra i primi paesi in Europa nel quale sono stati vietati l’utilizzo di shopper di plastica per la spesa (primo gennaio 2011), l’uso di sacchetti di plastica per gli alimenti (2018), l’uso di microplastiche nella cosmesi da risciacquo (1 gennaio 2019) e l’uso di bastoncini di plastica e ovatta per usi igienici (1 gennaio 2020). Eppure, nota il Wwf, “negli ultimi due anni ci sono stati preoccupanti segnali in controtendenza” evidenziate nelle contestazioni della Commissione Europea sulle deroghe contenute nella normativa di recepimento nel nostro Paese della Direttiva Sup, sulla plastica monouso (D.Lgs. n. 196/2021) e nella Manovra 2022 è stata rimandata ancora di un anno la decorrenza della plastic tax (introdotta con la legge di bilancio 2020). Per questo motivo, al Governo italiano arriva la prima richiesta del Wwf, cioè “correggere le disposizioni introdotte nella normativa di recepimento della direttiva comunitaria ‘Sup’ sulla plastica monouso, rafforzando, come è stato chiesto dalla Commissione Europea, le misure che disincentivano il monouso e sostengono il ricorso a imballaggi riutilizzabili.

02Politiche aziendali insufficienti

Nel mondo sono sotto accusa soprattutto le politiche aziendali di molte multinazionali: nel rapporto Waste & opportunity 2020: alla ricerca di una leadership aziendale sono state analizzate le azioni di grandi aziende americane sul tema della riduzione dell’inquinamento della plastica. I risultati sono stati scoraggianti: tra 50 società del settore delle bevande, del fast-food, dei beni di consumo confezionati e della vendita al dettaglio, il voto più alto è stato un B-, mentre dodici aziende hanno ricevuto il voto C, in 22 il voto D e 15 il voto F, cioè tutte insufficienze piene. Le aziende appaiono troppo lente nell’adottare azioni contro la diffusione della plastica e nel promuovere la riusabilità, riciclabilità e la compostabilità nei loro imballaggi. Quasi un incubo, visto che spesso non riescono nemmeno a rinunciare a imballaggi inutili né a utilizzare modelli circolari che privilegino la riduzione dei rifiuti. C’è dunque molto da fare per diffondere business sostenibili che consentano di rendere più pulito il nostro pianeta.

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