silvia moroni

Parlare e mangiare sostenibile con Silvia Moroni @parlasostenibile

8 minuti

Raccontare la sostenibilità del cibo, e non solo, per vivere in modo più ecologico e fare la differenza ogni giorno: Silvia Moroni, eco gastronoma per formazione e green content creator, è una professionista della sostenibilità che, con ironia e creatività, rende il “vivere sostenibile” un lifestyle alla portata di tutti. Partire dalla quotidianità per contribuire in modo concreto alla tutela del Pianeta: “Parla sostenibile” non è solo il suo nome su Instagram, ma anche il suo obiettivo. Parlare di sostenibilità in modo leggero, ma mai superficiale, per cogliere tutte le complessità del tema: come farlo? Lo abbiamo chiesto proprio a Moroni, @parlasostenibile: le festività natalizie sono un ottimo pretesto per coinvolgere i propri cari in uno stile di vita più sostenibile e, parlarne davanti a un menu vegano, può essere un inizio. Ecco tutti i consigli per parlare e mangiare sostenibile.

Raccontare la complessità del mondo agroalimentare e farlo in chiave sostenibile: come nasce l’idea di creare “Parla sostenibile” e con quali obiettivi?

Stiamo vivendo un momento particolare, in cui ci stiamo finalmente accorgendo del cambiamento climatico e di come le attività dell’uomo e l’antropocentrismo ci stiano distruggendo: “Parla sostenibile” nasce proprio con l’obiettivo di veicolare delle informazioni importanti su un tema complesso come quello della sostenibilità, in modo più semplice, creativo e ironico. L’idea è partita dal mio master in scienze gastronomiche, focalizzato su cibo e sostenibilità: mi sono presto accorta di quanto le persone abbiano bisogno di una guida nel mare magnum delle tante informazioni. La sostenibilità, infatti, riguarda non solo l’alimentazione, ma anche tutti gli aspetti della nostra vita: “Parla sostenibile” punta a parlare di sostenibilità in tutte le sue sfaccettature, in modo unico e inclusivo.

Quanta consapevolezza c’è in merito al cibo sostenibile e qual è il bisogno informativo maggiore che intercetti nella tua esperienza? Cosa si conosce di più e cosa, invece, di meno?

Per quanto riguarda il cibo, direi che siamo un passo avanti rispetto ad altri temi che riguardano la sostenibilità. Questo perché il settore gastronomico, negli ultimi dieci anni, è emerso molto nei media tradizionali e sui social media. È più facile, quindi, passare a uno step successivo che porti la consapevolezza del mondo gastronomico alla consapevolezza del cibo sostenibile. Il bisogno informativo che percepisco è molto pratico: come fare una spesa sostenibile? Come riuscire a capire se un prodotto o un’azienda lo sono? Se da un lato comprendiamo quanto le proteine animali siano meno sostenibili di quelle vegetali e conosciamo il biologico, dall’altro manca la reale comprensione degli impatti che certe agricolture possono avere sul cambiamento climatico oppure la consapevolezza di quanto la biodiversità sia un ecosistema delicato: un tema più complesso e difficile da comunicare, ma fondamentale. Su questo, c’è sicuramente da lavorare.

Al centro della tua divulgazione, il cibo: da tips e consigli, a Ricette e “Gastroassurdità”. Che cosa significa concretamente “parlare” e mangiare sostenibile e come si declina nella vita quotidiana?

Parlare e mangiare sostenibile è un processo che deve diventare un’abitudine: quelli della sostenibilità sono aspetti che devono essere inseriti nella nostra vita e riescono a farlo con il tempo, facendo diventare il “non buttare il ciuffo delle carote nella spazzatura” un gesto quotidiano. Dovremmo iniziare a normalizzare dei comportamenti che spesso non ci sono stati insegnati come “normali”, ma lo sono, come ad esempio l’attenzione allo spreco di cibo, l’utilizzo di tutte le verdure che rappresentano la maggior parte dello spreco domestico, la riduzione delle proteine animali. Abbiamo tante persone online da poter seguire che ci danno idee su ricette, blog e libri: il passo necessario è trasformare la nostra cultura della “pasta e ragù a pranzo” in una “pasta e fagioli a pranzo”, magari con gli ortaggi del contadino vicino.

Supportare i piccoli produttori, acquistare prodotti locali, coltivare maggiore consapevolezza sull’impatto ambientale dei propri consumi alimentari: come racconti, essere sostenibili parte delle scelte quotidiane. Quali sono le scelte da cui partire per adottare uno stile di vita più green?

Partirei dalla mia esperienza: sto cercando di arredare la mia casa con oggetti di seconda mano. Mi piace andare nei mercatini di antiquariato e seconda mano che, oltre ad essere economicamente convenienti, danno nuova vita ad oggetti che andrebbero buttati. Seguo la stessa logica nel settore dell’abbigliamento: prediligere prodotti di seconda mano, evitare comprare fast fashion, acquistare meno e scegliere brand etici e sostenibili anche se con un costo maggiore. Sia nella moda che nel cibo, siamo stati abituati a pagare troppo poco quello che abbiamo. Ma questo ha costi nascosti: a farne le spese sono persone sottopagate, acque e oceani danneggiate e le minacce che il nostro pianeta subisce per pagare le spese dei costi che ottimizziamo. Anche nel beauty, limitare è la parola chiave: comprare quello che realmente è necessario. Sulla scelta dei prodotti, sono favorevole ad esempio alla saponetta solida, ma non è l’unica soluzione che può migliorare il nostro impatto ambientale. In generale, è bene informarsi con consapevolezza sulle aziende che scegliamo e supportare i prodotti di aziende che hanno davvero la sostenibilità nella loro mission: per farlo, è necessario leggere ciò che l’azienda ci vuole dire. Se la sostenibilità è una loro priorità, emergerà chiaramente nella comunicazione attraverso il racconto di quello che viene fatto a tutela dell’ambiente.

Con le festività natalizie alle porte, il cibo diventa grande protagonista. Quali sono i consigli da seguire per creare un menu sostenibile e a basso impatto ambientale?

Personalmente, ogni anno invito i miei parenti per la cena della vigilia e preparo un menu strettamente vegano: lo faccio proprio per ispirare. Si parte dalla tradizione, che vuole un menu più light per la vigilia, e opto per una scelta più vegetale facendo attenzione allo spreco alimentare. Oltre a una scelta oculata durante la spesa, penserei già a cosa è possibile riutilizzare: quest’anno aggiungerò alla mia cena di vigilia vegana, una cena o pranzo post vigilia per recuperare tutto quello che non sarà utilizzato. Lo farò appositamente per sensibilizzare la mia famiglia. Piccole cose che, se ognuno le mettesse in pratica, farebbero la differenza.

Lo spreco alimentare, con l’incremento di cenoni e occasioni convivali, diventa un rischio sempre più concreto. Quali sono le accortezze da considerare per evitarlo?

Fare la lista della spesa: può sembrare una banalità, ma è fondamentale per comprare quello di cui si ha realmente bisogno. Non cadere nella trappola delle offerte 3×2 perché è ciò che riempie le dispense inutilmente. Organizzare il frigo in modo da posizionare a vista i prodotti in scadenza, leggere con attenzione le etichette e le scadenze: “da consumare preferibilmente entro” significa che il prodotto può essere ancora consumato. Se ancora buoni, non buttiamo via prodotti che scadono il giorno stesso. Anche per limitare l’impatto ambientale del packaging, quando possibile, è meglio prediligere prodotti sfusi: negozi dedicati, contadini e mercati permettono di farlo ed è un’ottima soluzione per ridurre i rifiuti.

Scongiurato il rischio di spreco alimentare e intavolato un menu sostenibile, il cenone natalizio può diventare l’occasione per diffondere tra amici e parenti uno stile di vita più sostenibile. Da eco gastronoma esperta in comunicazione, qual è il modo più efficace per parlare di sostenibilità coinvolgendo gli altri?

Partendo proprio dalla cena e dai piccoli gesti concreti. La mia cena della vigilia inizierà con un vino naturale, a fermentazione spontanea, con zero additivi e frutto del lavoro di piccoli produttori attenti al territorio. Spiegherò i motivi della mia scelta e cosa distingue il prodotto. Regalerò poi ai miei commensali un piccolo dono che possa rappresentare un incoraggiamento verso uno stile di vita più sostenibile: una busta di caffè che vada a sostituire le capsule, una saponetta solida che soppianti il sapone in plastica, un paio di calzini che non vengono dal fast fashion, ma sono realizzati attraverso progetti di riabilitazione sociale. Per parlare di sostenibilità coinvolgendo gli altri, è efficace dare degli input e spiegare i loro perché, senza giudicare gli altri, ma mostrando una valida alternativa.

Guardando al futuro, l’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030 punta a garantire sistemi di produzione alimentare sostenibili e ad implementare pratiche agricole resilienti. Cosa può fare ognuno di noi per portare a casa l’obiettivo?

Per guardare al futuro, bisogna guardare in primis al proprio territorio: come, ad esempio, cogliere le potenzialità della gastronomia locale e, se siamo in città, creare un piccolo orto. Un altro gesto significativo è quello di coltivare un’area di urban garden: orti comunitari che vengono ceduti e curati dai cittadini. Riportare la natura al centro dei sistemi urbani e insegnare alle nuove generazioni da dove viene il cibo e come è fatto.

“Essere resistenti e resilienti affinché le città, e le nostre vite, possano diventare più sostenibili: questo è quello che ognuno di noi può fare”

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