

Coniugare la mobilità sostenibile a opportunità e esperienze fruibili da tutti, anche da persone con diverse disabilità: questo il significato dell’iniziativa “Diverse bici”, tenutasi lo scorso 28 agosto a Brusson, in Valle d’Aosta, e organizzata da CVA in collaborazione con diverse realtà e associazioni impegnate sul territorio. Tra queste la Cooperativa Sociale C’era l’Acca, dedicata al turismo accessibile. Non solo un’occasione di incontro e scoperta, ma anche un modo concreto di “superare il pregiudizio per cui il turismo accessibile sia un turismo di nicchia”: Maria Cosentino, presidente della Cooperativa, racconta il valore aggiunto dell’evento e cosa significhi declinare inclusività e accessibilità nello sviluppo sostenibile.
L’estate di CVA è stata segnata da un fitto calendario di appuntamenti: tra questi, l’evento “Diverse bici”. Come nasce e si articola l’iniziativa e quali sono i suoi obiettivi?
Già lo scorso anno, il gruppo CVA aveva messo a disposizione bici elettriche e mountain bike per esplorare il territorio valdostano, identificando specifici itinerari: quest’anno, abbiamo immaginato di realizzare un evento simile che potesse coinvolgere anche le persone con disabilità. L’edizione zero di “Diverse bici” è proprio quella di quest’anno e, nella sua articolazione, ha richiesto alcune attenzioni in più: il comune di Brusson è stato il primo banco di prova e, riuscire a organizzare questo evento, è stato particolarmente interessante e costruttivo anche come percorso. Abbiamo dovuto identificare un luogo che permettesse una buona accessibilità e tenesse conto di tutte le tipologie di disabilità. L’altra sfida è stata quella di riuscire a mettere a disposizione diverse bici, in modo che ci fosse un’offerta che andasse a coprire le diverse esigenze: è stato interessante lavorare con il territorio e altre organizzazioni che già realizzano dei progetti in questo senso e valorizzare delle esperienze già attive sul nostro territorio.
Tra le sfide dell’evento, quella di coniugare la mobilità sostenibile ad esperienze fruibili da tutti, anche da persone con diverse disabilità: da dove si parte per organizzare un evento simile e quali sono gli aspetti più importanti da tenere in considerazione?
Il primo punto per organizzare un’iniziativa di questo genere è individuare un luogo realmente accessibile. Dopo di che, occorre provvedere alla messa a disposizione degli strumenti: a questo proposito, abbiamo guardato al territorio. Ci sono delle realtà molto particolari e virtuose, come quella della scuola secondaria ISILTP di Verrès che, da circa un paio d’anni, cura progetti dedicati alla disabilità, tra cui l’opportunità di usufruire di biciclette disponibili e accessibili a tutti: la scuola ha uno spazio dedicato, completamente fruibile attraverso le bici messe a disposizione. Negli anni, questo parco di biciclette è cresciuto ed è stato messo a disposizione per l’evento: in questo modo, abbiamo avuto l’opportunità di offrire bici adatte ad ogni tipo di esigenza. Oltre all’istituto ISILTP di Verrès, abbiamo coinvolto la polisportiva DISVAL, che s’impegna sul territorio valdostano per avvicinare le persone con disabilità allo sport e all’inclusione sociale di queste ultime. Tandem, handbike, mountain bike accessibili e fruibili da tutti: siamo riusciti a coprire diverse esigenze e abbiamo lavorato in sinergia anche con l’Associazione regionale dei maestri e guide di mountain bike, dotati della giusta professionalità per fare accompagnamento. I maestri hanno portato un entusiasmo che non ci aspettavamo e anche questo è stato un feedback importante.
Dall’handbike al tandem, da vari tricicli al triride: l’evento ha messo a disposizione diverse bici da provare, in un significativo contesto naturale. Qual è il valore aggiunto di vivere un’esperienza simile?
Il valore aggiunto è stato quello di coinvolgere tutti in un’occasione unica di partecipazione e di incontro: farlo in un luogo bello dal punto di vista naturalistico come Brusson ha facilitato molto. La montagna, in generale, non è particolarmente accessibile, ma attraverso la nostra storia ed esperienza ci siamo resi conto di quanto sia fondamentale per tutte le persone riuscire a vivere dei momenti di “amicizia” con la natura. Spesso le persone con disabilità hanno bisogno di mediazione e supporti che permettano loro di vivere queste esperienze: la sfida di Diverse bici è stato renderlo possibile.
Attraverso quali strumenti e politiche il turismo esperienziale può diventare davvero accessibile a tutti e determinare anche la crescita qualitativa dell’offerta turistica?
Bisognerebbe superare il pregiudizio per cui il turismo accessibile sia un turismo di nicchia: basti pensare che tutti invecchieremo e, per questo, occorre affrontare le problematiche di mobilità e servizi che il turismo oggi non offre e che dovrà immaginare di costruire. Le persone con disabilità sono il 15% della popolazione mondiale: c’è bisogno di un’offerta più ampia. Se si immaginasse anche solo il valore economico che questo dato possa portare, ci renderemmo conto che non si tratta di un’esigenza di nicchia. Storicamente il turismo per persone con disabilità è stato portato avanti da associazioni o parrocchie, oggi non è più cosi: le persone richiedono diritti e opportunità. L’accessibilità deve riguardare non solo le strutture ricettive, ma anche i servizi a disposizione per vivere il territorio ed esplorarlo. È necessario crescere da questo punto di vista e creare sistemi che possono rispondere in modo puntuale e qualificato a questo tipo di richieste. L’accessibilità non esclude nessuno: è importante creare una “regia” perché questo tipo di turismo richiede informazioni più dettagliate rispetto a luoghi e strutture.
“Per alzare il livello di qualità dell’accoglienza, serve incrementare il dialogo tra il mondo del terzo settore e gli operatori turistici, in modo da comunicare anche all’esterno in modo più funzionale per creare sinergie e ottenere risultati: l’informazione più è precisa e più è accessibile.”
In che direzione la mobilità deve guardare per svilupparsi in modo sostenibile?
La mobilità per persone con disabilità, in Italia, è complessa: nonostante la prima norma sia del ’68, abbiamo molti aspetti da migliorare. Non tanto relativi ai lunghi collegamenti, quanto agli spostamenti interni alle città: generalmente le persone con disabilità non sono “sostenibili” perché devono trovarsi soluzioni individuali e autonome. Prima di tutto, occorre accrescere l’accessibilità dei mezzi pubblici: spesso non si immagina nemmeno quante persone, anche in periodi temporanei della loro vita, vivano problemi di disabilità e abbiano bisogno di supporto. Più in generale, invece, dovremmo lavorare in modo trasversale sugli obiettivi dell’Agenda 2030 perché la mobilità si lega sia al tema della sostenibilità che allo sviluppo inclusivo e tecnologico. In particolare, la tecnologia permette importanti progressi: basti pensare che vent’anni fa, per una persona tetraparaplegica, non era possibile prendere la patente. Ora, attraverso la tecnologia, molte persone possono vivere in modo autonomo. Quello che è importante è che lo sviluppo tecnologico e sostenibile lo sia anche dal punto di vista economico: non tutte le persone possono permettersi di acquistare auto attrezzate che hanno dei costi oggettivamente più elevati. Questo è un problema da affrontare e, per farlo, è necessario essere più pragmatici anche in fase di progettazione di nuove proposte e soluzioni. Negli Stati Uniti, ad esempio, all’interno dei vari dipartimenti ci sono i “disability manager”: se si parla di mobilità, l’esperto di accessibilità illustra le esigenze raccolte e definite attraverso il suo lavoro. Da questo punto di vista, in Italia siamo più dispersivi: l’accessibilità va inserita sia nella fase di progettazione che nei luoghi decisionali.
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