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Quanto inquina la nostra vita digitale e come ridurne l’impatto ambientale

6 minuti
01Perché la vita digitale non inquina meno di quella analogica 02Il peso dei data center sull’ambiente 03Cosa fare per ridurre l’impatto ambientale di essere online

Anche la vita online, come quella analogica, ha il suo impatto ambientale: ad esempio, se prima di leggere questo articolo hai inviato almeno una mail con allegato, hai immesso 50 grammi di Co2 nell’atmosfera. Stai verificando l’informazione effettuando una ricerca su Google? Ogni ricerca su internet pesa 0,2 grammi. Non un’esagerazione, ma una realtà concreta, di cui è necessario prendere consapevolezza per tutelare il Pianeta e la sua salute.

Secondo lo Studio sulla Sostenibilità di IAB Italia e YouGov, il funzionamento dei prodotti e dei servizi digitali ogni anno produce 1.6 miliardi di tonnellate di gas serra. Questo significa che ognuno di noi produce, sfruttando le potenzialità del digitale al massimo, produce oltre 400 kg di anidride carbonica.

In generale, la digital industry è responsabile del 4% delle emissioni di CO2 mondiali. Un dato destinato a raddoppiare entro il 2025 e ad arrivare al 20% del totale delle emissioni di CO2 mondiali entro il 2050.

Guardando all’Italia, si contano circa 35 milioni di utenti che quotidianamente inviano e-mail. L’invio di una e-mail produce circa 4g di CO2. Ciò nonostante, per gli italiani l’interrelazione tra digitale e impatto ambientale è limitata principalmente al ricambio dei dispositivi elettronici (oltre il 53% degli intervistati, infatti, dichiara di sostituire il proprio smartphone o tablet con uno nuovo anche se l’attuale è perfettamente funzionante). Una convinzione fuorviante che non considera diverse dimensioni: ecco quali sono e come ridurre l’impatto della propria vita online.

01Perché la vita digitale non inquina meno di quella analogica

Come emerge dallo studio sulla sostenibilità di IAB Italia e YouGo, per gli italiani azioni quali l’invio di e-mail o guardare un film in streaming hanno un minore impatto negativo sull’ambiente rispetto ad altre azioni.

Alla domanda di ordinare tra nove azioni quotidiane – un mix tra analogiche e digitali – quella che ha il maggior impatto sull’ambiente il 64% degli intervistati reputa che un percorso di 6km per passeggero in aereo sia tra le operazioni più inquinanti. Solo il 19% pensa che l’invio di 1.000 mail brevi abbia un impatto negativo sull’ambiente. In realtà il digitale inquina e può far danno all’ambiente tanto quanto la vita analogica: qualsiasi gadget, foto e video salvati sui cellulari –  o qualsiasi azione compiuta sulla rete –  consuma energia e quindi genera emissioni.

Ad esempio, se tutti mandassimo un’e-mail “inutile” in meno a settimana (una ricerca Uk stima che ogni britannico spedisce circa 10 e-mail inutili tipo “Ok” o “Thank You” alla settimana), risparmieremmo 140 tonnellate di CO2 per un totale di 7.280 tonnellate all’anno: l’equivalente di 26mila km percorsi in macchina.

02Il peso dei data center sull’ambiente

I data center, le piattaforme in cui vengono immagazzinati ed elaborati i dati, sono tra gli strumenti più energivori del web: consumano dalle 10 alle 50 volte più energia per metro quadrato rispetto a un ufficio tradizionale.

Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, i data center sono responsabili per circa l’1% della domanda mondiale di energia. Un numero destinato ad aumentare con la crescita dell’economia digitale e il numero di utenti collegati.

Per questo motivo, i maggiori operatori del cloud stanno indirizzando ingenti investimenti per migliorare efficienza e sostenibilità con le rinnovabili. Microsoft, per esempio, ha annunciato un piano per passare al 100% di rinnovabili nei sui data center entro il 2025. Amazon ha investito di recente 6,5 gigawatt nell’eolico e nel solare. Google ha programmato per il 2030 di liberarsi completamente dell’energia da fonti combustibili.

Ma potrebbe non bastare: l’impronta ecologica di un data center non può essere valutata unicamente nella sua fase d’uso. Per avere un’idea più precisa è necessario tenere in considerazione anche le fasi “a monte” del data center che sono riconducibili essenzialmente alla produzione di tutti quegli apparati (server, dischi rigidi, cavi di rete, switch, ecc.) necessari al suo funzionamento, e “a valle” ovvero a come viene gestito il fine vita di questi apparati.

Questa necessità è tanto più urgente se si considera il fatto che i data center hanno la necessità di rinnovare server e dischi rigidi ogni 3-5 anni. Occorre, dunque, pensare a un cambio di passo che tenga in considerazione quanto accade a monte e valle del processo. Una strategia ecologica, ad esempio, sarebbe quella di aumentare la durata dei dispositivi necessari al funzionamento dei data center.

03Cosa fare per ridurre l’impatto ambientale di essere online

Oltre all’impegno delle big tech anche i piccoli gesti quotidiani possono fare la differenza per ridurre l’impatto ambientale della vita online.

Rispetto alla dimensione “hardware”, ad esempio, si possono ponderare gli acquisti in base ai reali bisogni, prendersi cura dei dispositivi in modo che durino il più a lungo possibile e provvedere a un corretto smaltimento. Ma non solo: anche abitare il mondo online in modo ecologico è fondamentale. Un primo passo potrebbe partire proprio dalla casella mail: ripulire le mailing list, rimuovere gli allegati da un messaggio se non strettamente necessari e ottimizzare le dimensioni dei file che si inviano sono comportamenti virtuosi che permettono di ridurre l’impronta ecologica della propria vita virtuale.

Per quanto riguarda il materiale da archiviare, invece, è consigliabile conservare ciò che è davvero necessario: l’archiviazione di foto, file, applicazioni, o semplici e-mail e newsletter mai lette presuppongono l’incessante e ininterrotto lavoro dei server che, oltre a essere energivori devono essere continuamente raffreddati e climatizzati. Tutto ciò comporta l’emissione di una grande quantità di anidride carbonica nell’ambiente.

Per i contenuti da visualizzare più volte, è preferibile scaricarli: documenti, video e brani musicali sono più inquinanti se fruiti in streaming. Uno studio della Purdue University, Yale University e Massachusetts Institute of Technology, ha calcolato le emissioni dello streaming, il consumo di risorse idriche e il verde che sarebbe necessario per bilanciare le nostre attività sul Web.

Lo studio sostiene che un’ora di videoconferenza o streaming emetterebbe fra i 150 i mille grammi di anidride carbonica. Per avere un metro di paragone, un litro di benzina bruciato da un’automobile ne emette circa 2200 grammi. Non solo: gli esperti hanno anche ipotizzato il consumo di risorse idriche delle infrastrutture che la rendono possibile, dai due ai 12 litri d’acqua, e l’occupazione del suolo che è di circa dieci pollici. Cosa fare nel proprio piccolo? Ad esempio, tenere la web spenta in video call: lasciare la fotocamera spenta riduce la quantità di emissioni del 96%. Allo stesso modo, scegliere di guardare una serie in streaming con definizione standard, anziché in hd, fa scendere l’impronta ecologica dell’ 86%. Semplici gesti che possono fare la differenza.

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