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Green jobs: rispettando gli accordi di Parigi, 8 milioni di posti di lavoro entro il 2050

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01La metodologia di analisi 02I risultati: 8 milioni posti di lavoro in più nel settore energetico nel 2050

I green jobs, anche detti “lavori verdi”, sono tutte quelle occupazioni nei settori dell’agricoltura, del manifatturiero, nell’ambito della ricerca e sviluppo, dell’amministrazione e dei servizi che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale. Impiantisti, installatori, project manager, figure gestionali e legate al mondo finanziario, responsabili marketing e comunicazione: sono tutte figure professionali molto diverse tra loro ma interconnesse, con l’obiettivo comune di operare nel settore della green economy. In particolare, il maggiore impiego nei settori legati alla transizione green, potrà determinarne le tempistiche: più aumenteranno i lavoratori del settore energetico, più sarà accelerato lo sviluppo delle rinnovabili in sostituzione delle fonti fossili. Un’approfondita analisi dei posti di lavoro del sistema energetico globale e dell’impatto delle diverse politiche climatiche è contenuta in un recente studio dell’European Institute on Economics and the Environment, in collaborazione con University of British Columbia (Vancouver) e Chalmers University of Technology (Gothenburg): ecco cosa emerge dall’analisi.

01La metodologia di analisi

Per stimare l’incremento occupazionale nel settore energetico nel 2050, i ricercatori hanno messo a punto un nuovo database globale di fattori occupazionali per 50 Paesi che prende in considerazione tecnologia e categoria lavorativa. Avvalendosi di un modello di valutazione integrata, hanno preso in esame l’impatto degli obiettivi climatici globali sull’occupazione nel settore energetico per rimanere “ben al di sotto dei 2 gradi di aumento della temperatura a livello globale”: un impatto che è stato valutato considerando le diverse tecnologie e fonti energetiche, le tipologie di lavoro e le diverse regioni. Nel dettaglio, l’analisi dei ricercatori si è focalizzata sull’impatto delle variazioni del sistema energetico su quelli che sono definiti “lavori diretti”, ovvero quegli impieghi che sono legati ad attività chiave per le catene di approvvigionamento energetico e che sono più strettamente correlati con la crescita e il declino delle tecnologie energetiche.

02I risultati: 8 milioni posti di lavoro in più nel settore energetico nel 2050

La prestigiosa indagine indica che entro il 2050 i posti di lavoro nel settore dell’energia potrebbero crescere dagli attuali 18 milioni per arrivare a 26 milioni: questo sarà possibile se verrà mantenuta la volontà di rispettare il target previsto dagli accordi di Parigi, cioè limitare l’aumento della temperatura globale a 2 gradi centigradi. L’incremento occupazionale sarebbe il risultato di due azioni congiunte: da un lato, le politiche climatiche efficaci e stringenti aumenterebbero i posti di lavoro del settore energetico globale. Dall’altro lato, la maggior parte dei posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili andrebbe persa con il ridimensionamento di questo comparto: in molti Paesi questa perdita potrebbe essere appunto compensata dalle nuove opportunità di lavoro messe a disposizione dal settore delle energie rinnovabili. I risultati dello studio, dunque, parlano chiaro: nel 2050, se gli accordi di Parigi saranno rispettati, l’84% dei posti di lavoro del comparto energetico sarà nel settore delle energie rinnovabili, l’11% in quello dei combustibili fossili e il 5% nel nucleare. Inoltre, mentre i posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili diminuirebbero molto rapidamente, ci sarebbe una forte compensazione legata all’aumento del numero di posti di lavoro nei comparti dell’energia solare ed eolica. Infine, i risultati dello studio mostrano come, a livello regionale, il Medio Oriente, il Nord Africa e gli Stati Uniti potrebbero beneficiare di un grosso aumento complessivo dei posti di lavoro del settore energetico, con l’espansione delle energie rinnovabili, mentre la Cina dovrebbe subire una sostanziale perdita di occupazione con il declino del settore del carbone. Riguardo l’Unione europea, gli autori prevedono un generale incremento dei posti di lavoro rispetto a oggi a prescindere dagli scenari di riferimento.

 

 

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