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Quale futuro per l’occupazione green in Italia? L’indagine di Legambiente e Green Factor

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01Competenze green sempre più richieste dalle aziende 02Il nemico è ancora la burocrazia

Era il lontano 2008 quando per la prima volta è stata data una definizione ufficiale di green jobs da parte dell’International Labour Organization (ILO) e l’UNEP, rispettivamente l’Agenzia per il lavoro e il Programma per l’ambiente, entrambe emanazione delle Nazioni Unite.  Nel primo rapporto globale sul tema “Green Jobs: Towards decent work in a sustainable, low-carbon world”, i due organismi affermavano: «Noi definiamo lavori verdi quelle attività lavorative nel settore agricolo, manifatturiero, amministrativo, dei servizi e nelle attività di ricerca e sviluppo che contribuiscono sostanzialmente all’opera di salvaguardia o ripristino della qualità ambientale. Questi includono attività che aiutano a tutelare e proteggere gli ecosistemi e la biodiversità; a ridurre il consumo di energia, risorse e acqua tramite il ricorso a strategie ad alta efficienza; a minimizzare o evitare la creazione di qualsiasi forma di spreco o inquinamento. (…) Non è sempre facile identificare i lavori verdi perché se alcuni settori, come quello delle energie rinnovabili, sono ben riconoscibili, i cambiamenti che avvengono nelle industrie tradizionali non sono sempre facilmente individuabili. (…) Come ogni altro settore, quello degli investimenti in campo ambientale genera un certo numero di posti di lavoro sia diretti (progettazione, costruzione, mantenimento) che indiretti (nelle industrie che forniscono i componenti). Alcuni impieghi sono facilmente identificabili come lavori verdi, per esempio l’installazione di un pannello solare o la manutenzione di una pala eolica, mentre un componente di acciaio di una pala eolica può venire da un’acciaieria senza neanche che questa ne sia a conoscenza». Se è dal 2008 che dunque è diventata popolare l’espressione “green jobs” (prima, ad esempio, in Italia si parlava di ecolavori), da quel momento in poi questo settore è stato al centro di una grande evoluzione trainata dalla rinnovata attenzione per le problematiche ambientali, dallo sviluppo delle energie rinnovabili e dall’interesse per l’economia circolare.

E nonostante nel mezzo ci sia stata una lunga crisi pandemica che ha riscritto alcune modalità di lavoro e fatto traballare la tenuta economica di molti paesi, pare che nessuno abbia messo in discussione l’importanza dei green jobs. Anzi le professioni verdi sono tra le più richieste dalle aziende che puntano sempre più a impegnarsi nel campo della sostenibilità.

 

01Competenze green sempre più richieste dalle aziende

Trend confermati dall’indagine promossa da Legambiente e Green Factor, “Green jobs nell’ambito dell’economia circolare”. Lo studio, realizzato per stimare il possibile futuro dell’occupazione green in Italia, si è inizialmente concentrato su 55 gruppi professionali legati sia all’impresa che all’auto-impresa analizzando il trend dei dati del 2019 disponibile sul Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal. Dall’indagine è emerso come, nel 2019, il 78,8% delle imprese italiane abbia richiesto competenze green, non solo a chi possiede un titolo universitario (83,1%), ma anche a neodiplomati (78,1%) e a chi si affaccia al mondo del lavoro subito dopo le scuole dell’obbligo (79,8%). Inoltre, la crisi sanitaria provocata dal Covid-19 è percepita dal 61% degli intervistati come l’occasione per costruire un nuovo paradigma occupazionale più sostenibile, mentre il 9% considera l’epidemia “ininfluente”, e ritiene che le cose torneranno come erano prima. Dunque secondo le previsioni i lavori green cresceranno nel prossimo anno quasi dell’8%, del 26,4 nei prossimi 5 anni e fino al 34% entro 10 anni.

02Il nemico è ancora la burocrazia

A preoccupare di più degli effetti della pandemia, sono i vincoli imposti dalla burocrazia (74%) e dalla scarsa attenzione da parte delle istituzioni in ambito locale (68%), mentre è molto atteso il ruolo delle istituzioni in chiave europeista.

Tra i settori che si svilupperanno maggiormente, gli intervistati indicano quello della riparazione e recupero di beni. Anche il settore del riuso ha una sua fondamentale importanza, grazie anche all’aumento sia di franchising che di piccole attività che puntano sul mercato della “seconda mano”.

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