

Più smart e sostenibile: in Italia la mobilità si sta muovendo verso questa direzione e, a confermarlo, è il 5° Rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility. Nel nostro paese sono state raggiunte 5.600.000 iscrizioni ai servizi di sharing mobility, con 158 servizi di sharing attivi in 49 città. Dati significativi che si traducono in un fatto concreto: circa 15 milioni di italiani possono utilizzare almeno un servizio di sharing con quasi 90.000 veicoli in condivisione. La micromobilità, infatti, oggi costituisce il 91% dei veicoli in condivisione. Tuttavia, sono soltanto quattro le città italiane dove sono presenti tutti i quattro servizi di sharing (car, bike, scooter, monopattini): ecco quali sono.
01Sharing mobility: ecco le città italiane più virtuose
Come descrive il rapporto, Milano è la città italiana dove la mobilità condivisa funziona maggiormente e, infatti, registra il primato in tutti e tre gli indicatori dello studio: percorrenze, numero veicoli e numero noleggi. Un incremento importante lo registra Roma, al secondo posto. Al terzo posto, invece, si piazza Torino, seguita da Bologna, Firenze, Bari e Genova. Riguardo i veicoli prediletti dai cittadini, tra il 2019 e il 2020 si è registrato un vero e proprio boom dei monopattini (+65%) e degli scooter (+45%). In generale, la tendenza conferma che un sempre maggior numero di persone preferisce muoversi con leggerezza e facilità in città: in questo senso, la sharing mobility rappresenta una soluzione perfetta al problema del parcheggio, oltre che un modo ottimale per ridurre gli impatti ambientali dei propri spostamenti.
02Le sfide del futuro
Sebbene i numeri emersi dal rapporto siano incoraggianti, è necessario affrontare alcuni nodi importanti per aumentare la diffusione della sharing mobility e agevolare gli spostamenti più ecologici. In primis, è necessario lavorare per incrementarne la disponibilità: più del 50% dei capoluoghi italiani, infatti, non dispone ancora di un servizio di sharing. Inoltre, risulta particolarmente urgente superare il divario tra Nord e Centro-Sud e attivare i servizi anche nelle realtà medio-piccole. Infine, per far sì che la sharing mobility sia possibile anche dove l’imprenditoria privata non riesce a garantirne il funzionamento, occorre sostenere i servizi di micromobilità elaborando e implementando modelli simili a quelli con cui si sostiene il trasporto pubblico.
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