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Car sharing anche nei piccoli centri per agevolare la mobilità green: a che punto siamo

7 minuti
01Che cos’è il car sharing e come funziona 02Quali sono i vantaggi del car sharing, cittadino o privato 03Car sharing: il divario tra metropoli e piccoli centri urbani 04Come arginare il divario

Portare il car sharing – servizio di autonoleggio a breve termine – anche nei piccoli centri urbani, così da promuovere un nuovo modello di mobilità sostenibile e inclusivo: è questo l’obiettivo che sta portando avanti GreenMobility.

La compagnia danese, presente in undici città nord-europee, sta sperimentando i suoi servizi legati allo sharing e ai veicoli elettrici in sei piccoli centri a Baden-Wurttemberg, nel sud della Germania.

Un passo decisivo verso l’abbattimento delle emissioni e particolarmente prioritario in Italia: ridurre il numero delle auto, soprattutto nelle aree urbane, è essenziale per combattere l’inquinamento e di conseguenza mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, nel nostro Paese, il parco auto nazionale cresce costantemente: a fine 2021 è stata raggiunta la quota record di quasi 40 milioni di autovetture.

01Che cos’è il car sharing e come funziona

Il car sharing, come suggerisce la parola stessa, rappresenta la condivisione di un’auto: si tratta di un servizio di autonoleggio essenzialmente a breve termine, dove le autovetture sono messe a disposizione da un’azienda (privata o pubblica) e distribuite nei centri urbani. I clienti, una volta registrati al servizio, possono scegliere e prenotare l’auto via internet. L’accesso all’auto normalmente avviene tramite l’App scaricata o una tessera specifica.

Nato in Svizzera, il car sharing è diffusissimo negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania, in Australia e in molti altri paesi. Nel Nord Europa, in particolare, grazie alla presenza di operatori capaci di garantire una certa affidabilità e sicurezza ha raggiunto un elevatissimo livello di capillarità. Anche in Italia si stanno facendo importanti passi avantiLe iscrizioni ai servizi di sharing mobility in Italia hanno raggiunto la quota di 5. 600.000 con 158 servizi di sharing attivi in 49 città (il triplo del 2015). Tuttavia, il divario tra metropoli e piccoli centri urbani persiste.

02Quali sono i vantaggi del car sharing, cittadino o privato

Una delle principali tipologie di condivisione dell’auto è quella del car sharing cittadino: questo servizio può essere considerato una nuova forma di trasporto pubblico. In questo caso, infatti, i Comuni e alcune società del settore mettono a disposizione degli iscritti al servizio un parco auto in diversi punti della città. Chi vuole usufruire del servizio può liberamente accedere a uno di questi mezzi, utilizzarlo per il tempo necessario e parcheggiarlo, una volta terminato, nei luoghi riservati.

vantaggi del car sharing cittadino sono diversi: è possibile rinunciare all’acquisto di un’auto di proprietà, eliminando i costi di assicurazione, manutenzione e garage, per avere sempre a disposizione un veicolo da utilizzare sia per andare al lavoro che per il tempo libero. I benefici riguardano l’intera comunità, poiché il minore utilizzo di auto private libera le strade e abbatte le emissioni inquinanti.

Se nel car sharing cittadino è l’ente pubblico o una società privata a fornire un servizio, con il car sharing tra privati la condivisione dell’auto avviene tra un soggetto proprietario del veicolo e uno o più utilizzatori. È possibile, per esempio, che il privato decida di mettere a disposizione il proprio veicolo su un portale dedicato: qui si incontrano la domanda di coloro che necessitano di un’auto per un tempo limitato e l’offerta di privati che intendono abbattere i costi di gestione del proprio veicolo, rendendolo disponibile in giorni e orari specifici dietro il pagamento di un rimborso spese da parte dell’utilizzatore. Oltre a questa modalità di condivisione del mezzo, molto diffuso il car sharing con conducente che prevede la presenza alla guida del proprietario dell’auto.

03Car sharing: il divario tra metropoli e piccoli centri urbani

Nel settore della mobilità condivisa, la frattura fra metropoli e piccoli centri è molto profonda. Basta guardare i dati emersi dall’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility, nato da un’iniziativa del ministero della Transizione ecologica, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: solo in quattro città italiane sono presenti tutti i quattro servizi di sharing, ovvero macchine, biciclette, scooter, monopattini. Si tratta di Milano, Roma, Torino e Firenze. La situazione cambia se si guarda alle sole piste ciclabili, ma queste rappresentano sono solo un pezzo della nuova mobilità e non possono essere usate per tragitti molto lunghi.

“Tutte le soluzioni migliori legate all’abbattimento delle emissioni di gas serra del trasporto sono appannaggio delle metropoli dichiara Anders Wall, a capo della parte finanziaria e sostenibilità di GreenMobility. “Ha un suo senso – prosegue – perché dove c’è concentrazione di persone si hanno più clienti potenziali. Ma così facendo ci si dimentica di tutto il resto, dove nessuno ha ancora trovato dei sistemi che possano offrire una alternativa all’uso dell’auto privata”.

Per portare i servizi di sharing nei piccoli centri urbani occorre il sostegno dei Comuni, come illustra lo stesso Wall: “Nel caso dei sei comuni del Baden-Wurttemberg sono loro a pagare un fisso, ma guadagnano in termini di emissioni, di una migliore qualità della vita dei cittadini. Perché alla fine è questo il vantaggio per le persone: se si riesce ad offrire un servizio puntuale e che costa meno sia dei taxi sia di un’auto privata, fra mantenimento e manutenzione, si ha un vantaggio economico sensibile”.

04Come arginare il divario

Una proposta per arginare il divario tra metropoli e piccoli centri urbani in fatto di mobilità, arriva dall’architetto Rem Koolhaas: a febbraio del 2020, con la mostra Countryside, The Future al Guggenheim di New York, ha sostenuto che proprio la campagna potrebbe essere la chiave di una profonda trasformazione sociale, molto più sostenibile rispetto alla realtà delle metropoli, a patto che sia raggiunta da tutti i servizi.

“L’inevitabilità dell’urbanizzazione totale va ripensata e la campagna deve essere riscoperta come luogo dove trasferirsi e dove restare vivi senza essere messa in contrapposizione con la città”, ha scritto Koolhaas nel catalogo della mostra. Un’area dove è possibile “un nuovo modo di pensare, coltivare, costruire edifici, allevare. Una base per rendere il mondo un posto migliore”.

Da questa prospettiva muove lo studio di Eviatar Tron, a capo di EcoMotion, comunità formata da oltre 600 startup impegnate sul fronte della mobilità: l’esperto, di recente, ha avanzato alcune ipotesi per rendere la campagna non così distante dalle metropoli in fatto di trasporto. Per quello pubblico, ad esempio, propone di puntare ad un servizio su richiesta per i luoghi periferici.

Se non c’è abbastanza densità ma si vogliono comunque collegamenti capillari in tutto il Paese, secondo Tron l’unica soluzione sarebbe quella di abbandonare parzialmente lo schema delle partenze ad orari fissi e organizzare, grazie ad app e digitale, un sistema di prenotazioni in tempo reale per raccogliere i passeggeri secondo le necessità. Per quanto possa sembrare un’idea difficile da concretizzare, questa ipotesi si basa però su un dato di fatto: la necessità di elaborare nuovi modelli di business che non guardino solo alle metropoli.

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